Quali relazioni sono possibili tra talento, creatività e ricerca?
Paolo Lucchetta (architetto): Il Presidente Napolitano l'anno scorso al Premio Nazionale per l'Innovazione ha espresso con chiarezza le differenze di ruolo della ricerca e dell'innovazione, "una tesa ad accrescere la conoscenza all'interno della scienza, l'altra propensa a perfezionare un processo migliorando la qualità' della vita dell'uomo".
Il talento, a mio avviso, deve servire entrambe in egual misura; per quanto riguarda la creatività', ho sempre pensato che il luogo comune che la descrive genericamente come l'arte di inventare e creare fosse insufficiente a definirne i contorni.
Condivido invece la definizione del matematico Henri Poincare che la racconta come la "capacità di unire elementi esistenti con connessioni nuove, che siano utili".In questo senso cerco di indirizzare gran parte della mia attività' di architetto ed imprenditore.
Valeria Tatano (architetto): Tutte le relazioni sono possibili perché il talento va alimentato con la ricerca e la ricerca è espressione di creatività, in qualunque campo si manifesti.
Lo studio non è la prassi sterile e ripetitiva di concetti e regole a cui allenano i nostri figli certe scuole, preoccupate (ma le comprendo) di doverli mettere in grado di confrontarsi con le nuove modalità delle risposte a quiz, in cui l’apprendimento si verifica con la tempistica del giro d’Italia, cronometro alla mano e ciò che interessa è un risultato quantificabile, non il ragionamento che ha condotto a quel risultato.
L’obiettivo della formazione odierna sembra essere quella “testa ben piena” su cui ci mettevano in guardia Montaigne prima ed Edgar Morin più di recente quando consiglia di far circolare le informazioni più che accumularle1. “La nostra civiltà e di conseguenza il nostro insegnamento hanno privilegiato la separazione a scapito dell’interconnessione, l’analisi a scapito della sintesi.” scrive Morin, mentre “Interconnessione e sintesi rimangono sottosviluppate. È per questo che sia la separazione che l’accumulo, senza l’interconnessione delle conoscenze, vengono privilegiati a scapito dell’organizzazione che interconnette le conoscenze.”
La creatività sovverte ogni ordine precostituito e attiva idee, suggestioni, curiosità, energie positive che vanno certo convogliate verso una direzione, verso degli obiettivi, ma dopo aver alimentato criticamente la testa di ognuno, inducendo a ricercare anche in campi non consueti. In questa direzione andrebbero orientati i nostri studenti, a tutti i livelli scolastici e specialmente all’università.
Pierluigi Aluisio (informatico): Se il talento è il coraggio di esprimersi ed emergere, questo talento ha due vie per manifestarsi: la creatività e la ricerca.
La creatività è estro, fantasia, vena artistica, stile unico, genio e sregolatezza.
La ricerca d’altro canto è indagine, investigazione e analisi scientifica, ingegneristica e quantitativa.
Creatività e ricerca sono due vie diverse ma complementari per manifestare il talento.
Andrea Stocchetti (economista): Se accettiamo che il talento sia questa sorta di dote naturale (nel saper fare, nell’apprendere, nell’immaginare o altro), allora è tautologico affermare che chi ha talento per la ricerca sarà, a parità di condizioni, un ricercatore migliore di chi non ha talento. In concreto, il talento è un punto di partenza privilegiato per definizione. Ma nient’altro che un punto di partenza. La creatività richiede mezzi, anche tecnologici, per tradursi in azioni o realizzazioni concrete; la ricerca, intesa come ricerca scientifica, richiede in più dedizione, costanza, e un ambiente favorevolmente orientato allo sviluppo e alla circolazione di conoscenza. Io credo che spesso i talenti creativi abbiano un ruolo importante nella nascita di prospettive di ricerca innovative, ma senza la tenace applicazione dei ricercatori è improbabile che l’idea iniziale si concretizzi in risultato scientifico o in una realizzazione di ampia portata.
Michele Boldrin (economista): Non tutte le persone di talento sono creative, alcune tendono ad essere ottimi esecutori, organizzatori o raffinatori di invenzioni e creazioni altrui. Ma è indubbio che, senza un qualche particolare talento, sia altamente improbabile essere creativi e senza creatività risulta difficile, anche se non impossibile come vedremo, inventare. D’altra parte, in queste come in tutte le umane faccende, stiamo parlando di un continuo all’interno del quale risulta difficile tracciare confini netti. La persona priva di talento non esiste, fatte salve forme estreme d’infermità mentale, ed i talenti individuali si esprimono sempre in molte dimensioni, come ho già menzionato poc’anzi. Da questo punto di vista, quindi, siamo tutti creativi ed innovatori nella misura in cui risolviamo i problemi che ci si presentano di fronte utilizzando metodi non immediatamente ovvi o non usati precedentemente. La differenza sta nella rilevanza dell’innovazione per il resto degli essere umani (un conto e’ scoprire la penicillina ed un altro conto evitare che il formaggio faccia la muffa) e nella distanza fra la nostra innovazione e ciò che già era socialmente ovvio prima di essa. Va sottolineato, però, che nel “laboratorio di ricerca” della grande (o anche media o piccola) industria ed università odierna si fa innovazione continua procedendo a piccoli, a volte piccolissimi, passi e che a farla sono spesso persone di talento “normale”, coordinate da un numero molto minore di persone di talento eccezionale, o comunque notevole. In altre parole, nella misura in cui siamo riusciti a meccanizzare in modo sostanziale la produzione di oggetti e merci, stiamo sempre più rapidamente adottando un’organizzazione “fordista” del sistema dell’innovazione. In tale sistema contano i talenti di pochi e la preparazione (il capitale umano, nel linguaggio degli economisti) dei molti.
Riccardo Dalla Torre (ricercatore economista): Nell’ultimo periodo molti studi si sono occupati di creatività, in particolare è stato indagato il ruolo delle industrie culturali e creative nei percorsi di sviluppo di città e territori. Sono ormai note a molti, infatti, le ricerche di Richard Florida, soprattutto la teoria delle 3T - Talento, Tecnologia e Tolleranza - ovvero i tre elementi che possono facilitare lo sviluppo di un’economia creativa. Florida definisce la creatività come “la capacità di setacciare dati, percezioni e materiali, per giungere a ottenere combinazioni che siano nuove e utili”. È chiaro che una creatività così definita è indubbiamente un talento. Ed è altrettanto evidente che la ricerca abbia bisogno di talenti con queste caratteristiche. Quello che la ricerca dovrebbe fare, allora, è mettere nelle condizioni il talento di esprimere la propria creatività.
Massimo Russo (giornalista): Solo da una combinazione tra talento, creatività e ricerca scaturisce l’innovazione.
Maurizio Carlotti (direttore televisivo): La ricerca è, ogni giorno di più, lavoro di gruppo che esige il coordinamento con tutti coloro che investigano nella stessa direzione. Il talento, capacità + attitudine, è fondamentale per accelerare il raggiungimento di progressi significativi. Nella creazione, soprattutto artistica, l’ambiente è sempre fattore di causa efficiente del processo creativo, per gli stimoli che produce e per la sua influenza sullo stato vitale del creatore. Un ambiente “unico”, capace di essere allo stesso tempo rilassante e stimolante, conservatore e innovativo, fornitore di qualità di vita e contemporaneamente atipico da stimolare il cambiamento, può rappresentare un habitat molto favorevole allo sviluppo del talento. Il sistema urbano Mestre-Venezia possiede caratteristiche uniche, che lo rendono potenzialmente ideale per accogliere creatori e ricercatori. Una città con 1500 anni di storia documentata e conservata, unica al mondo per densità di ricchezze artistiche, monumentali e ambientali, unita a una città moderna, dotata di infrastrutture, collegamenti internazionali, fortemente tutelata dal punto di vista ambientale, relazionata con un vasto sistema universitario, in constante sviluppo economico e demograficamente giovane, può candidarsi a pieno titolo ad essere la città del talento. Con Mestre alle spalle, la laguna può diventare “L’Isola del Futuro”.
Massimo Donà (musicista): Beh, se quel che ho detto ha un qualche senso, allora è evidente che l’attitudine oggi massimamente necessaria (quella appena descritta) potrà essere resa proficua solo da un costante uso creativo della propria progettualità e delle proprie proposte. Si tratta cioè di saper disegnare sempre nuovi tracciati che indichino vie sempre nuove di esplorazione; che non ripetano cioè stancamente metodi e modalità stantii e ormai quasi sempre inefficaci. L’attitudine a rideterminare continuamente la propria attitudine, ossia il proprio talento, può essere resa effettuale solo da un atteggiamento creativo nei confronti di modelli che spesso, anche se validi sino a pochi anni fa, possono esser ormai diventati completamente inutilizzabili. Bisogna essere in grado di elaborare creativamente, in modo inedito e spiazzante (rispetto al già dato e già consolidato), le modalità di realizzazione dei propri talenti; solo così la ricerca potrà farsi efficace e ricca di risultati illuminanti. Che potranno aiutarci ad affrontare con maggior prontezza ed efficacia i problemi sempre nuovi che il contesto sempre diverso ci costringe ad affrontare.
Emanuele Pettener (scrittore): La creatività non esiste senza talento e ricerca.
Roberto Compagno (imprenditore): I talenti di ieri e di oggi, non considerando i fenomeni straordinari, si coltivano ascoltando e confrontando; dando infine opportunità di maturare esperienze.
Marino Pagan (ricercatore): La ricerca si fonda sulla capacità di persone di talento di essere al tempo stesso creative e concrete, ossia di inventare nuove soluzioni pur mantenendo il senso pratico necessario per realizzarle. In altre parole, il ricercatore ha l'arduo compito di “fantasticare mantenendo i piedi per terra”, e di colmare il gap tra un'idea capace di migliorare il mondo e la sua realizzazione pratica. Il talento necessario per affrontare questa sfida, quindi, richiede di affiancare creatività e dedizione, immaginazione e voglia di rendere realtà i propri sogni.
La nostra società deve investire nella ricerca, comprendendone la natura e lasciandole la libertà di esplorare ed espandere senza schemi l'orizzonte delle conoscenze. Allo stesso tempo il mondo della ricerca ha il dovere di fondarsi su basi meritocratiche e di favorire la presenza di persone di talento, le quali hanno a loro volta il compito di far ricadere i benefici delle proprie scoperte sulla società stessa.
Valeria Benvenuti (ricercatrice): Quando si parla di talenti, soprattutto dei giovani, viene in mente l’annosa questione della meritocrazia. Quanto conta valere qualcosa? O è più importante invece essere figli di o avere le giuste conoscenze? Nella vita di tutti i giorni - dalla scuola, all’università, al mondo del lavoro - purtroppo la meritocrazia è ancora un obiettivo e non un elemento acquisito. Chi si impegna e chi lavora bene (sia nel pubblico che nel privato) è probabile che venga sorpassato dal raccomandato. Questo è alquanto deprimente per un giovane che cerca di emergere in una società che tende a standardizzare tutto e tutti. La meritocrazia purtroppo non può essere demolita tramite un decreto legge, ma per scardinarla serve un processo che parta dalle persone, dai singoli cittadini. È un atteggiamento che deve cambiare.
Michele Brunello (architetto): Il lavoro è il luogo in cui si incontrano talento, creatività e ricerca, che tuttavia sono mondi indipendenti tra loro. Non penso che le relazioni siano programmabili ma accade che, in certi momenti storici, alcune città diventano luoghi dove le potenzialità creative, i talenti e la ricerca si alimentano tra loro e creano dei nuovi modelli cambiando i paradigmi esistenti. Questo è accaduto nella Milano degli anni ’50 per il design, a Londra degli anni ’60 per la musica, la NY degli anni ’80 per l’arte, nella silicon valley degli anni ’90 per l’informatica.
A livello più locale e italiano è accaduto con il primo Festival dei Mondi di Spoleto, il lancio delle Primavere Romane, o le fantastiche energie culturali sprigionate proprio a Venezia quando si è rilanciato il carnevale all’inizio degli anni ’80, evento che sapeva unire la partecipazione dal basso del territorio ai grandi eventi culturali internazionali come La Biennale in un'unica piattaforma. Penso a “manufatti” memorabili come il Teatro del Mondo di Aldo Rossi o il mai rappresentato Prometeo di Luigi Nono con libretto di Massimo Cacciari e scenografie di Renzo Piano, che univano talento, creatività e ricerca di diverse discipline.
Stefano Beraldo (dirigente): Il talento non richiede la ricerca, mentre la ricerca risulta più efficace se condotta da persone di talento. Il talento a sua volta si esprime al meglio se associato a ricerca. La creatività è enormemente aiutata dal talento e dalla ricerca. Quest'ultima la indirizza e il talento la rende di valore. La creatività senza talento non ha valore. Senza ricerca può averne.
Andrea Jester (consulente): Il talento è creatività incanalata verso un disegno preciso. Sarebbe bello poter immaginare che in tutto questo la ricerca possa fare da collante e da certificatore ma purtroppo vivo in un paese – il nostro - in cui questo non è ancora possibile, quantomeno non dalla mia esperienza personale. Ho visto talenti soffocare in università, talenti imprenditoriali soffocare nel marasma di carte e nella nullità dei servizi, talenti del sociale morire di fronte alla miopia gestionale di enti pubblici (ad eccezione di chi si rivolge alle politiche di welfare del Comune), iniziative innovative anche presso il porto di Venezia soffrire per ingerenze della Curia, ecc.