Anna Palma Gasparrini - Brani dall'Audiointervista
L'Incontro con Anna Palma Gasparrini si è svolto nella sede provinciale del Partito Democratico a Mestre il 13 gennaio 2009. La registrazione è durata quasi due ore.
La famiglia e i primi anni nel partito comunista a Mestre.
I miei genitori erano marchigiani, mio padre era partigiano e veniva dal Partito d’Azione, mia madre era di estrazione cattolica però liberale, durante la Resistenza aveva fatto la staffetta, per cui da sempre, se vuoi, c’era una educazione molto laica. Frequentavo la chiesa perché era bene frequentarla, ma io non sono mai stata costretta ad andare a messa o fare altre cose.
[…] i miei abitavano a Macerata, sono di estrazione borghese ma una borghesia laica. Mia madre ha fatto difficoltà a inserirsi a Mestre, erano gli anni ’50, ’60, perché era una città molto chiusa, parlavano tutti in dialetto, e anche per il tipo di rapporto che c’era tra le persone. Era una città dove, di fatto, stavano confluendo persone da tutte le parti d’Italia. Mio padre fu uno dei primi periti chimici ad essere assunto all’Edison[1]. In quel periodo si è trasferita a Mestre quasi tutta la sua classe, lui è perito chimico alla scuola di Fermo che era una delle più importanti scuole per i periti chimici. Il Pacinotti[2] cominciava appena a partire, quindi i primi periti assunti venivano tutti dalle Marche. I tecnici erano esterni alla città, venivano da un’altra regione, e gli operai e tutto il resto erano dell’hinterland. Per anni abbiamo frequentato famiglie di origine marchigiana o del centro Italia.
[…] Ho cominciato a frequentare il PCI quando frequentavo la facoltà di Matematica a Padova […] [dove] c’erano pochissimi iscritti e la sede era al Bo’; da una parte c’era la facoltà di Matematica che era tutta legata alla sinistra, in particolare al PCI, mentre nelle aule accanto c’era Giurisprudenza con Freda e Ventura[3]. […] Incontrai tutta la famiglia Zwirner[4] e ho cominciato a frequentare questi ambienti, le manifestazioni. I primi scontri politici li ho avuti a livello universitario, quando abbiamo cominciato a discutere dell’università, della riforma, del modo di far lezione, fino all’occupazione dell’ateneo. Dopo queste esperienze mi sono iscritta al PCI a Mestre insieme con quello che poi è diventato mio marito. Tutti e due abbiamo cominciato a frequentare i giovani della sezione di Mestre centro; eravamo in pochi, era appena avvenuta la scissione del Manifesto. Di sezioni ce n’erano pochissime, quella di Mestre centro, il Comitato Comunale che era in via Torino, dove c’è la sede ARCI, a Marghera per le fabbriche, e altre sedi sparse a Favaro, a Chirignago, alla Bissuola. Eravamo rimasti sei giovani, tre uomini e tre donne. Abbiamo cominciato a fare iniziative politiche partendo dai bisogni del territorio, erano gli anni ’73, ’74: questo è il modo in cui sono entrata in partito.
[…] Come giovani abbiamo cominciato a lavorare sul verde, c’è stata l’occupazione della zona del Piraghetto, che doveva essere una zona di IACP e noi riuscimmo a farlo vincolare come verde dal Comune ed è diventato uno dei primi parchi di Mestre. Le materne mancavano, c’erano i doppi turni in quasi tutte le scuole, io ho cominciato a occuparmi insieme alle donne di queste cose, abbiamo fatto le grandi manifestazioni, prima del ’75, siamo andate in Consiglio Comunale per chiedere le scuole materne, i nidi ed altri servizi.
[…] [Mestre in quel periodo era] una città abbastanza vivace, c’era questo grosso movimento delle donne che stava partendo, anche le ragazze si erano messe molto in vista con le manifestazioni. Era appena passato il ‘68, c’era la presenza di un gran numero di giovani […]. Erano tutte coppie giovani, tante donne lavoravano. Tantissime fabbriche a Marghera erano a occupazione femminile, in quegli anni abbiamo fatto la prima e unica conferenza sul lavoro femminile. Si sono fatte interviste alla “Herion[5]”, che era alla Giudecca, al “Feltrificio[6]”, alla “Vidal[7]”, alla “Galileo[8]”, tutte a massima occupazione femminile. Erano operaie le donne, operai gli uomini; il bisogno di servizi nella città era la richiesta maggiore, e non c’era niente. […] La situazione, prima che salisse la prima giunta Rigo[9]- Pellicani[10], era questa! Era una città dormitorio che non rispondeva alle esigenze dei cittadini, […] c’erano solo questi quartieri con le case per andare a dormire.
[...] Tutta Chirignago è stata costruita in quegli anni lì. Io ho insegnato a Chirignago e alla Gazzera, prima alla “Don Milani”, poi alla “Daniele Manin[11]” e poi ancora alla “Don Milani”. Una delle prime cose che abbiamo fatto come insegnanti è stata una ricerca sulla provenienza dei ragazzi. Bene, avevamo classi dove nessuno dei nostri allievi o dei genitori dei nostri allievi era nato a Mestre! Si può dire che la generazione dei nati a Mestre è quella della mia prima figlia, che ha trent’anni.
Io ho cominciato [a far politica] con la campagna per il referendum sul divorzio[12], è stata una campagna che abbiamo fatto come donne, giovanissime, ci trovavamo in quella che era la vecchia sede comunale, in via Torino. Eravamo quasi tutti giovani, ragazze e ragazzi, era una battaglia importante sui diritti civili, in quel periodo era appena stata approvata grazie al movimento delle donne il nuovo diritto di famiglia[13], e la nuova legge sui nidi e l’abolizione dell’ONMI[14]. Poi si è cominciato a discutere dell’aborto[15] e della violenza alle donne. Solo nel 1981 è stato abolito il delitto di onore[16]! Il partito stava crescendo e io ero una delle giovani dentro e mi fecero subito responsabile femminile. Cominciai su queste tre campagne. [Trovai spazio] immediatamente, anche perché c’era stata la scissione del Manifesto[17] e quei pochi giovani cercavano di recuperarli.
[…] Il partito era abbastanza chiuso, ci frequentavamo tra di noi, avevamo questa voglia di vivere, eravamo anche felici. Avevamo l’idea che la felicità passasse attraverso lo stare bene, e star bene vuol dire una città che ti dà i servizi, vivibile, quindi il concetto di felicità stava anche nel soddisfare queste esigenze, di avere diritti per tutti, la scuola. La scuola è stata una grande battaglia del PCI; la scuola, dicevamo, era un nodo strutturale della società, il poter mandare a scuola tutti, era la promozione sociale, anche dalle campagne, dalla città.
La vittoria era una sensazione di felicità, il PCI allora era anche un partito di grandi ideali. Se pensi anche gli ideali delle donne erano legati al concetto di uguaglianza, al diritto del lavoro, al diritto alla casa, al diritto ad avere uguali stipendi. Negli anni dopo si è fatta una elaborazione basata sulla differenza, in quegli anni parlavamo solo di uguaglianza.
La felicità era legata al fatto di aiutare le donne a occuparsi dei bambini, se pensi al nuovo diritto di famiglia, pensa alle donne della campagna, che erano contadine, cosa ha significato il nuovo diritto di famiglia! Essere riconosciuta come persona che lavora un podere e ha gli stessi diritti, che entra nell’eredità, quando prima la donna che andava via non aveva più diritto a niente.
[…] Si pensava che l’Italia sarebbe arrivata a una svolta, quindi sviluppo delle città, delle vie di comunicazione, e si pensava che il PCI potesse essere uno degli elementi del cambiamento, perché era il partito dei lavoratori, insieme alla DC. L’intuizione di Berlinguer fu di mettere i due partiti dei lavoratori assieme per poter governare le riforme di una grande nazione che doveva partire dal lavoro.
[…] Poi c’è stata la grossa “Festa dell’Unità[18]”, dove abbiamo lavorato tanto da perdere la vita. Il gruppo che gestiva era giovanissimo, il responsabile della festa era Paolo Cacciari[19], avrà avuto 27 anni. […] Molto ci ha lavorato Maurizio Cecconi[20], ci hanno lavorato un po’ tutti su quella festa, era diffusa nella città, bellissima! Era difficilissima da gestire una festa così! […], ne hanno parlato tutti i giornali. Improvvisamente Venezia è diventata una città di cultura e di arte.
[…] La grande manifestazione si fece a Mestre e poi si andò a Venezia, dove Berlinguer fece il comizio a Sant'Elena. […] c’era via Piave piena di gente diretta verso la stazione per raggiungere Venezia. C’era Serri[21], responsabile regionale, che ci aveva lavorato molto, e la Isabella Peretti[22], era lei la responsabile provinciale, io ero quella comunale del settore donne.
[…] un unico filo legava Venezia attraverso la festa, il clou era dalla Riva degli Schiavoni fino ai Giardini di Sant’Elena, però avevi manifestazioni e spettacoli nei diversi campi, a Santa Maria Formosa, al Ghetto, alla Giudecca. Era tutto molto, molto bello.
I grandi artisti, Vedova[23], Eulisse[24], Zennaro, Ovan, Viola ci avevano regalato delle stampe che abbiamo venduto per raccogliere soldi. [La festa durò] ventuno giorni, come le feste nazionali. All’apparenza aveva funzionato tutto benissimo, ma lavoravamo dodici, quattordici ore al giorno, avevamo dei ritmi bestiali e tanto entusiasmo perché c’era tanta forza del partito, ci sentivamo protagonisti. Mi ricordo questi barconi con le bandiere rosse che arrivavano a Castello.
[…] E’ stata una vetrina, era richiamata in tutti i giornali nazionali, perché era un evento culturale, con dei dibattiti molto alti di contenuti e innovativi nelle proposte politiche. Il fatto di camminare per Venezia e trovare spettacoli in ogni campo, era per tutti e anche per il turismo una cosa straordinaria! Anche per la struttura della città che ti permette di muoverti a piedi, un unico centro storico compatto.
Un altro evento bellissimo è stato la festa delle donne fatta nell’81, la festa nazionale dove Massimo Cacciari[25] ha fatto i primi dibattiti sulle utopie, sulla differenza, e anche quella è stata chiusa da Berlinguer. Avevamo appena vinto il referendum sull’aborto, molto del discorso di Berlinguer si centrò su questa cosa. Quella l’abbiamo fatta in Riva degli Schiavoni fino a Sant’Elena e abbiamo avuto anche l’acqua alta. La sera prima del comizio di Berlinguer […] abbiamo lavorato tutta la notte con gli stivali a salvare le cose, eppure è riuscita bene.
[…] Mi ricordo che mi chiamarono per dirmi che ero stata messa in giunta. Gianni [Pellicani] convocò me e Cianciolo[26], che è morto, un altro di quelli arrivati quasi per caso, lui veniva dai Chimici. Gianni ci diede appuntamento in Consiglio Comunale alle 9,30 del mattino. Il Consiglio apre alle 10 per il pubblico. Noi con i nostri jeans e le magliette, in effetti era estate, agosto. Mi metto un paio di jeans e una camicetta pulita, nuova, arriviamo lì e stiamo per salire le scale quando i vigili ci bloccano. Ci chiedono dove andiamo. “Di sopra”. “Il pubblico sale alle dieci, sedetevi qua”. Io e Cianciolo tranquilli ci sediamo lì nell’androne del Municipio. Arriva Gianni: “Ma cosa fate lì, dovete andare di sopra!” “Ma scusa Gianni, ci hanno bloccato i vigili”. E ai vigili: “Questi sono due assessori!” Questo è stato il primo impatto! E i vigili, stupiti, si scusavano!
[…] Secondo me Venezia ha sempre avuto centralità perché ha avuto delle intuizioni, ad esempio, il fatto che Gianni, sulla scia del movimento delle donne, decidesse, perché è stata la sua scelta, non posso dire che sia stata una scelta mia, ha voluto l’Assessorato alla condizione femminile. Quella sera in cui mi ha detto: “Tu sei l’assessora alla condizione femminile, stai zitta, non rilasciare interviste! Domani ne parliamo” C’era anche Gastone Angelin. Quando uscì fu un boom a livello nazionale, un sacco di giornali mi chiamarono. La prima telefonata che ricevetti fu quella della Seroni[27], responsabile nazionale delle donne: “Prendi il primo treno col segretario della Federazione- allora era Enrico Marrucci[28]- con la responsabile delle donne e vieni a Roma che ti debbo parlare!” Il giorno dopo sono andata da Gianni: “Vai, non ti preoccupare”. Lui mi diede ruolo politico da inventare, rispondeva a una esigenza delle donne, in quel periodo: era il ’75, stava nascendo il movimento che era anche molto di contestazione verso chi aveva la tessera. Io ho sempre avuto questo conflitto con loro che è stato lacerante in certi momenti.
Indice dei nomi
Gastone Angelin
Enrico Berlinguer
Massimo Cacciari
Paolo Cacciari
Maurizio Cecconi
Giuseppe Cianciolo
Vincenzo Eulisse
Franco Freda
Enrico Marrucci
Ovan pittore
Gianni Pellicani
Isabella Peretti
Mario Rigo
Adriana Seroni
Rino Serri
Emilio Vedova
Giovanni Ventura
Viola pittore
Zennaro pittore
Zwirner famiglia
[1] L’Edison era la più grande industria elettrica italiana che aveva diversificato la sua produzione nella chimica in previsione dei mutamenti nel settore, che si concretizzarono nella nazionalizzazione del 1962. Nei primi anni cinquanta iniziò la costruzione del complesso petrolchimico a Marghera, il cosiddetto Petrolchimico I. Cfr. O. Favaro, Un cardellino in gabbia, Quaderni di storiAmestre, n. 8, 2008, p. 17 e pp. 68-71.
[2] L’Istituto Tecnico Industriale Antonio Pacinotti fu istituito nel 1945 a Venezia presso Palazzo Carminati a San Stae ma il gran numero di iscrizione rese presto insufficiente la sede. Fu deciso nel 1952 di trasferirlo in via Caneve a Mestre. Quattro le specializzazioni attivate: Meccanica, Elettricisti, Chimica industriale e Metallurgia, a cui si aggiunsero nel 1959 la sezione di elettronica e nei primi anni sessanta le telecomunicazioni nella sede di Chioggia. Con la riforma del 1961 il piano di studio fu riorganizzato in un biennio di formazione culturale generale e un successivo triennio di specializzazione. Il continuo incremento delle iscrizioni rese necessario nel 1967 costruire una nuova palazzina dietro la sede centrale per la sezione chimici e nel 1970 creare l’Istituto Zuccante, autonomo, con la sezione di elettronica. Alla fine degli anni sessanta gli iscritti erano duemila ed era il più importante Istituto Tecnico Industriale della regione. Cfr. il CD-ROM Dietro la lavagna, generazioni a scuola 1866-1977, Comune di Venezia Itinerari Educativi, Istituto per la Storia della Resistenza e della Società contemporanea 2003.
[3] Franco Freda (Padova 1941) e Giovanni Ventura (Piombino Dese 1944) esponenti della destra neofascista italiana sono stati coinvolti in diversi processi, tra cui quello per la strage di piazza Fontana a Milano del 12 dicembre del 1969.
[4] Giuseppe Zwirner (1904-1979), professore di Matematica a Padova ha insegnato negli anni cinquanta e sessanta nel biennio dei corsi di laurea in Ingegneria, Fisica e Matematica. Aderente al Partito d’Azione durante la Resistenza faceva parte del gruppo di antifascisti che all’interno dell’Università di Padova avevano come riferimento il rettore Concetto Marchesi.
[5] La Herion era una fabbrica di maglierie fondata dai fratelli tedeschi Herion nel 1886.
[6] Il Feltrificio Veneto era una fabbrica che produceva tele e feltri per cartiere. Fu aperta nel 1935 a Marghera all’incrocio tra via F.lli Bandiera con via delle Macchine. Nel 1999 è stata venduta alla multinazionale americana Albany che ha proceduto alla sua liquidazione. Gran parte delle maestranze che vi lavoravano erano donne.
[7] La Angelo Vidal si insediò a Marghera, in via F.lli Bandiera nel 1910 e produceva saponi e profumi, la sua manodopera era a maggioranza femminile. Passata in proprietà alla multinazionale Henkel ha chiuso definitivamente nel 1992.
[8] La Galileo era un'industria insediata a Marghera in via F.lli Bandiera n. 9 alla fine degli anni trenta del Novecento, era di proprietà della SADE e produceva lenti oftalmiche. Nel corso degli anni ha mutato il gruppo societario di riferimento e diversificato la sua produzione potenziando il settore della Meccanica. Nel maggio del 1999 lo stabilimento della Galileo Industrie Ottiche SpA di Marghera è stato posto in liquidazione.
[9] Mario Rigo è un politico socialista che ha una lunga carriera alle spalle in cui ha ricoperto numerosi incarichi tra i quali: consigliere comunale a Noale e a Venezia, consigliere provinciale, vicesindaco e sindaco di Venezia, senatore, parlamentare europeo. Ha fondato nel 1989 il movimento autonomista Lega Autonomia Veneta.
[10] Gianni Pellicani cfr. Dizionario biografico dei veneziani
[11] La scuola media statale Daniele Manin nasce nel 1965, dopo la creazione della scuola media unificata, in un prefabbricato alla Gazzera in via Lussingrande. Nel 1976 la sede staccata “Gazzera 2” diventa autonoma e alla consegna il nuovo edificio per volontà degli insegnanti viene intitolata a don Lorenzo Milani. Cfr. CD-ROM Dietro la lavagna, generazioni cit.
[12] La legge n. 898, conosciuta anche come legge Fortuna- Baslini, che aveva reso possibile il divorzio dal coniuge era stata varata dal parlamento il 1 dicembre del 1970. I partiti contrari al mantenimento della legge, parte della DC e del MSI, avevano raccolto le firme necessarie per indire il referendum abrogativo che si tenne il 12 maggio del 1974. Vinse il fronte del no con il 59,3%.
[13] La riforma del diritto di famiglia, legge n. 151 del 19 maggio 1975, stabilì la parità giuridica dei coniugi, la dignità e tutela dei figli naturali, la rivalutazione del coniuge nel campo dei diritti successori e la comunione di beni tra gli stessi, la podestà sui figli di entrambi i genitori.
[14] ONMI, acronimo per Opera Nazionale per la protezione della Maternità e dell’Infanzia, era un ente parastatale istituito nel 1925 e soppresso nel 1975. Era finalizzato all’assistenza di madri e bambini in condizione di indigenza. L’ente disponeva di personale e strutture come consultori materni, pediatrici, asili e refettori. Fortemente connotato socialmente, gli ambulatori nel corso degli anni sessanta erano disertati dalle madri che preferivano rivolgersi alle strutture ospedaliere.
[15] Prima che il Parlamento varasse la legge n. 194 del 22 maggio 1978, che consente alla donna nei casi stabiliti dalla legge di ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza presso le strutture pubbliche, la pratica era considerata reato secondo gli arti. 545 e seguenti dal Codice penale.
[16] La legge abrogativa del delitto d’onore, cioè la riduzione della pena per chi uccidesse in “stato d’ira” la moglie (il marito), la figlia o la sorella per difendere l’onore suo o della famiglia avendone scoperto “l’illegittima relazione carnale”, è la n. 442 del 5 agosto del 1981.
[17] Il comitato centrale del PCI riunito a Roma il 24 novembre del 1969 aveva radiato Aldo Natoli, dirigente della Federazione romana, Luigi Pintor, giornalista dell’Unità, Rossana Rossanda, responsabile della sezione culturale del partito, e successivamente Lucio Magri e Luciana Castellina con l’accusa di “frazionismo”. Essi avevano assunto delle posizioni eterodosse rispetto alla linea del PCI in materia di politica internazionale (l’invasione sovietica della Cecoslovacchia e la critica al comunismo realizzato) e nazionale (il partito che agiva da freno al movimento degli studenti e dei nuovi operai che negli obiettivi ampliava e qualificava il “blocco storico” della rivoluzione italiana). Il gruppo aveva pubblicato una nuova rivista di dibattito politico sganciata dal partito, “il manifesto”, i cui primi quattro numeri avevano avuto un grande successo di pubblico. Tra i numerosi collaboratori figurava il veneziano Luigi Nono. Nel 1971 Luigi Pintor fece la proposta di trasformare la rivista in quotidiano autofinanziato. Il primo numero uscì il 28 aprile e, pur tra molte difficoltà finanziarie, esce ancora oggi. Cfr. il manifesto, supplemento del 24 novembre 2009, Le radici di un’eresia comunista, di R. Rossanda, L. Castellina, pp.1-2.
[18] Sulla festa dell’Unità per la diffusione della stampa comunista, che si tenne a Venezia nel giugno del 1973, si legga l’intervista a Gastone Angelin e l’appendice documentaria nel sito della fondazione.
[19] Paolo Cacciari (Venezia 1949), iscritto al PCI dal 1967, ha ricoperto numerosi incarichi tra i quali ricordiamo quelli relativi al periodo degli anni settanta: segretario di sezione San Polo- Santa Croce, segreteria provinciale e comitato comunale di Venezia- Mestre. Nel 1975 venne eletto in Consiglio Comunale con funzioni di capogruppo fino all’anno successivo, quando fu nominato assessore al Decentramento nella prima giunta Rigo- Pellicani. Cfr. anche Dizionario biografico dei veneziani.
[20] Maurizio Cecconi (Venezia 1951) segretario del PCI di Venezia dal 1975 al 1978, fece parte del comitato regionale del partito. E’ stato consigliere comunale di Venezia dal 1975 al 1990; assessore al Turismo del Comune di Venezia dal 1980 al 1985, fu promotore insieme a Maurizio Scaparro della rinascita del Carnevale di Venezia; assessore ai Problemi della Gioventù, al Casinò, al Commercio, all'Agricoltura, alle Fiere, ai Mercati del Comune di Venezia dal 1987 al 1990; funzionario del PCI dal 1970 al 1990. Nel 1991 ha fondato la società Villaggio Globale International che si occupa dell’organizzazione di eventi culturali, con particolare attenzione alle attività espositive.
[21] Rino Serri (1933-2006) militò giovanissimo nel partito comunista, percorse la prima parte della sua carriera politica all’interno della FGCI ricoprendo gli incarichi di segretario provinciale a Reggio Emilia; dal 1957 fu membro del Comitato Centrale e segretario nazionale dal 1960 al 1962. Dal 1963 fu segretario provinciale e consigliere comunale a Reggio Emilia fino al 1970, quando divenne segretario regionale del partito in Veneto. Eletto deputato dal 1979 al 1987 ottenne un seggio al Senato fino al 1994. Contrario allo scioglimento del PCI, dal 1991 è stato tra i fondatori del partito Rifondazione Comunista da cui uscì nel 1995. Nel 1998 aderì ai Democratici di Sinistra. Fu sottosegretario agli Esteri nel primo governo Prodi.
[22] Isabella Peretti si trasferì in seguito a Roma, è tra le fondatrici della cooperativa Generi e Generazioni che svolge attività di ricerca, progettazione europea, formazione e produzione editoriale all’interno della Casa Internazionale delle donne a Roma.
[23] Emilio Vedova (Venezia 1919-2006) pittore e incisore di fama nazionale e internazionale nel dopoguerra aveva aderito al PCI.
[24] Vincenzo Eulisse (Venezia 1936) pittore e militante comunista, tra gli anni sessanta e settanta è stato membro della Commissione culturale del PCI.
[25] Massimo Cacciari cfr. Dizionario biografico dei veneziani
[26] Giuseppe Cianciolo, eletto in Consiglio Comunale per il PCI nel 1975 fu nominato Prosindaco per la terraferma, assessore all’Igiene del Territorio, Ecologia, Inquilinato nella prima giunta Rigo- Pellicani.
[27] Adriana Fabbri Seroni nacque a Firenze il 9 giugno 1922. Qui compì i suoi studi, laureandosi in lettere e intraprendendo l’insegnamento. Alla fine del 1944 si iscrisse al Pci, nella sezione di Firenze centro, nella quale, dall’anno successivo, assunse l’incarico di responsabile del lavoro femminile. Due anni dopo entrò a far parte della commissione stampa e propaganda della Federazione provinciale di Firenze e tra il 1948 e il 1951 fu redattrice della rivista Toscana nuova. Dal 1951 entrò nel gruppo dirigente della Federazione fiorentina e dal 1955 assunse il ruolo di responsabile del lavoro femminile e la presidenza dell’Udi di Firenze, incarichi che mantenne fino al 1964, alla vigilia del suo trasferimento a Roma. In questi anni ricoprì anche la carica di consigliere provinciale prima e di consigliere comunale poi. Dal 1960 venne eletta nel Comitato Centrale e successivamente sempre confermata; nel 1969 entrò in direzione e dal 6 ottobre 1981 nella segreteria. Diresse la Commissione femminile dal 1968 al 1981 e dopo il XVI Congresso assunse la direzione del Dipartimento per i problemi del partito. Nel 1972 venne eletta per la prima volta alla Camera dei deputati e successivamente sempre riconfermata fino alla morte che avvenne il 9 febbraio 1984. Cfr. Archivi della Fondazione Istituto Gramsci onlus on line.
[28] Enrico Marrucci, originario di Pisa, è stato segretario provinciale del PCI di Venezia dal 1975 al 1982, parlamentare PCI- PdS negli anni ottanta e presidente della Lega Coop in Veneto nel decennio successivo.