Ricerca archivistica
L’attività di ricerca archivistica è uno dei fondamentali fronti di lavoro della Fondazione Pellicani. Organizzata attorno ad un piano di lavoro ambizioso e originale, si caratterizza per l'attenzione riservata a documenti oggi sostanzialmente inediti nella ricerca storica.
La Fondazione si è posta l'obiettivo di approfondire la conoscenza delle vicende politiche del Comune di Venezia, soprattutto relativamente al periodo nel quale Gianni Pellicani ha rivestito un ruolo significativo, ossia dagli anni sessanta agli anni novanta del novecento. I documenti cui ci si riferisce sono gli atti prodotti durante l’attività svolta in incarichi pubblici, quali il consiglio comunale, le commissioni consiliari, la giunta comunale, il parlamento italiano, anche qui riservando un'attenzione particolare alle commissioni ove è stato attivo Gianni Pellicani.
Quindi un taglio attento alla dimensione politica del dibattito cittadino, perché si parte dall'assunto che, sopratutto negli anni dei quali trattiamo, la politica sia stata "punto di condensazione” [R. Remond] di diverse spinte economiche, sociali e culturali.
Verso una visione complessa della Città
Le fonti sopra menzionate costituiscono una documentazione ad oggi poco utilizzata dagli studiosi. Gli studi storici devono ancora addentrarsi nelle tematiche legate al dibattito politico veneziano degli anni sessanta e successivi. Anni che appaiono determinanti per la genesi e l'affermazione di scelte legislative e amministrative figlie di un nuovo modo di leggere ed interpretare il Comune di Venezia. Un percorso complesso, che vide infine affermarsi l'idea di una Città-territorio interconnessa (Venezia, Mestre, Favaro Veneto, Marghera, ecc.), superando la visione primo-novecentesca di una città storica scissa dal polo industriale di Marghera (nella quale gli abitati urbani di terraferma erano pressoché misconosciuti) e la visione dei primi anni settanta esemplificata dalla triade città storica – Porto Marghera – terraferma, nella quale le diverse parti vivevano una dialettica unicamente conflittuale.
Ciò che infine prese forma fu un differente rapporto tra componenti di un unico Comune, simultaneo all'affermazione di un nuovo ruolo dell'Ente Comunale, sia verso l'esterno (in rapporto allo Stato centrale e all'Istituto regionale), sia al suo interno con nuovi organi (Consigli di Quartiere, Assessorato alla Programmazione e all'Ecologia, ecc.) e nuove forme manageriali di controllo (riorganizzazione della pianta organica dell'Amministrazione).
Le fonti individuate permettono di tematizzare questo cammino culturale e politico, consentendo al contempo di delineare alcune caratteristiche della classe dirigente politica veneziana e italiana che si è cimentata nel governo della città di Mestre e Venezia.
La Legge Speciale
Affrontare una massa di documenti così cospicua affidandosi a una logica prettamente cronologica, porterebbe a un sicuro naufragio. Nella prima fase, è stato quindi scelto un argomento che potesse porre in evidenza gli atteggiamenti della classe dirigente politica rispetto al problema di "quale idea di Città", e quali modi per governarla. L'oggetto dello studio si è quindi focalizzato sulla genesi della Legislazione Speciale.
Un'identità per Venezia
L'argomento scelto ha permesso di riallacciarsi ad un problema di lungo corso, ossia la difficoltà del territorio veneziano, di terra e d'acqua, ad interpretare sè stesso.
Da quando Venezia perdette la qualifica di capitale di uno stato, il mare e l’isola hanno rappresentato un palliativo per i paladini della conservazione di uno status quo della città, che la emarginava oltre i confini della “terra”. I sostenitori del mito “insulare” o “neoinsulare” si sono qualificati artefici della sopravvivenza di Venezia, ridotta a tenutaria della propria esistenza fondata sul mito del passato. Di contro i “novatori”, facitori ad ogni costo, apologeti del moderno (anzi del “postmoderno”), si sono tuffati nella bramosia del cambiamento, in tutti i modi e con qualsiasi mezzo, non importa perché, non importa come. Posizioni fuori del tempo e dello spazio, che hanno avuto la conseguenza di emarginare, buttare fuori gioco, quasi rimuovere il soggetto della diatriba, la città, per far posto ogni oggetto e via di sfruttamento delle risorse. Con il risultato finale di ridurre la città ad un rapido “usa e getta”, “mordi e fuggi”, “dentro e fuori".
Le entità statuali alle quali appartenne Venezia durante l’800 sono importanti per comprendere certi sviluppi congiunturali, ma si possono, in ultima analisi, considerare non determinanti nella decadenza della città. Il problema di fondo, riuscire a “conciliare” la forma urbis con il tempo che essa vive, rimase irrisolto. Anche i governi italiani pre-repubblicani tentarono di trovare alcune soluzioni. I progetti per un rilancio della città si susseguivano e i "100 progetti per Venezia” ne sono una precisa testimonianza.
Non si tentò solamente di modernizzare le strutture portuali, ma si cercò di industrializzare la città, si fondò il primo istituto di studi superiori economici e commerciali in Italia (il terzo in Europa) e si potenziarono le strutture culturali. I problemi che si dovevano affrontare erano immensi, da quelli finanziari (la città era lungi dal possedere mezzi in maniera adeguata, e a livello nazionale la situazione era tutt’altro che rosea) a quelli tecnici. Così si attirarono capitali stranieri. Da quando costruire un’industria significò incidere in maniera pesante nel tessuto urbano della città, ebbe inizio la battaglia tra i cosiddetti “novatori” e chi già allora intravedeva la possibilità di puntare tutto o per lo meno le carte maggiori sulla monocultura del turismo. Queste due frange si intersecheranno con altri due correnti: i cosiddetti neoinsularisti, gelosi del mantenimento assoluto della forma urbis della città storica e chi vi si opponeva. Dalla fine del ‘800 fino al 1917 i novatori si confondevano con i neoinsularisti per poi scambiarsi la posizione in un gioco di specchi a volte di difficile decifrazione.
Il fronte polemico è proseguito per tutto il Novecento: oggi i termini sono cambiati, le posizioni sono a volte più sfumate a volte molto radicalizzate, ma dallo “scoppio” della rivoluzione industriale Venezia ha a che fare con questi schieramenti. In questo scenario di lungo periodo, gli anni sessanta e settanta del Novecento assumono ancora maggior importanza perché il territorio veneziano, seguendo dinamiche che si affermarono su scala mondiale, pagò sulla sua propria “pelle” il tramonto del paradigma fordista e la fine del “trentennio d’oro” .
Le fonti locali
Si è deciso di affiancare alle fonti parlamentari quelle locali (atti del Consiglio Comunale di Venezia) per meglio analizzare la dimensione politica territoriale. Tale scelta non è intesa tanto ad integrare e completare la situazione politica nazionale, bensì a recuperare la complessità dell'articolazione territoriale, sociale e politica culturale del paese. Un paese nel quale le Autonomie Locali, seppur in un ordinamento di stampo centralistico, hanno visto nel tempo accrescere le loro competenze e la loro influenza come dimostra proprio la genesi della Legislazione Speciale.
E anche in questo campo “il dibattito storico arriva con il fiato corto: a un chiaro irrobustimento degli Enti Locali non si sono accompagnati studi, analisi, interpretazioni su questa istituzione che avessero al centro una ricostruzione storica dettagliata su quanto compiuto in seno agli organi consiliari di Giunta, sulle scelte e gli indirizzi presi, sui rapporti con altre istituzioni centrale e periferiche. L’analisi di tale natura vengono piuttosto da altre discipline, ma appare molto difficile rintracciare un’analisi stringente di taglio storico sull’amministrazione di una o più Ente Locale” .
Tra il 1961 e il 1975 la maggioranza di Governo del Comune di Venezia fu omogenea. A governare infatti fu continuativamente il "centrosinistra", una formula politica che si basava sull'alleanza di DC, PSI e PSDI. Ciò permette di tratteggiare in maniera uniforme come le diverse forze politiche locali si comportarono in merito alla legislazione speciale in un assetto politico stabile.